Il Musakhan rende palestinesi
Non sono ricette

Il Musakhan rende palestinesi

L’entusiasmo era alle stelle, quella era una giornata che aspettavamo da un bel po’ ed eravamo davvero in ansia di trascorrerla esattamente come l’avevamo organizzata.
Eravamo al nostro primo anno di superiori al Collegio Arabo Ortodosso di Haifa, cosa di cui i nostri genitori non erano felici quanti noi. Avevano dovuto sostenere delle spese non indifferenti per mandarci a studiare privatamente a 80km da casa. Noi, comunque, ci sentivamo privilegiati rispetto a chi aveva continuato il liceo a Baqa, che contava appena 15mila abitanti.

Si avvicinava il Natale e avevamo pensato di invitare i nostri nuovi compagni di classe cristiani di Haifa per una gita dalle nostre parti.
L’arrivo degli ospiti era previsto per le 10. Subito dopo, avevamo organizzato un giro per le vie della nostra cittadina.

Alle 12 siamo andati da Om Nader.
Il vero nome della mamma di Nader sarebbe Jamila, ma quando il nome del primo figlio maschio è Nader, il nome della madre diventa automaticamente Om Nader e quello del padre Abu Nader.
Non è maschilismo, non in questo caso almeno. È tradizione.
Ogni ragazzo porta lo stesso cognome per sempre, la figlia femmina, invece, dopo il matrimonio adotterà quello del marito. Insomma, Abu e Om Nader, insieme a Nader stesso, porteranno sempre lo stesso cognome, la sorella di Nader no. (Sì, lo so, sembra uno scioglilingua)

Volevamo impressionare i nostri ospiti. Volevamo che pensassero che anche da noi, nelle piccole cittadine di provincia, ci si poteva divertire, si poteva mangiare bene e si poteva vivere una dimensione diversa rispetto a quella delle grandi città. Haifa aveva solo una minoranza di abitanti arabi. La maggioranza dei residenti era ebrea, anche se prima del 48 era il contrario. Visto il grande numero di abitanti si viveva in piccoli appartamenti, come avviene ancora oggi.

I quartieri arabi storici rimasti in piedi dopo il 1948 non sono molti.
Quel giorno, Om Nader si è offerta per preparaci il pranzo, anche perché aveva una villa grande dove potevamo stare tutti comodi sotto il portico, nonostante fossimo più di 20.

Da lei ci aspettavo un pranzo chic. Om Nader era famosa per il suo negozio di abiti da sposa, viaggiava tanto per avere sempre tutti gli articoli alla moda del momento. Era una donna elegante e molto fine, sempre al lavoro in quel negozio gigante che portava il suo nome. Era perfetta come ospite per fare buona impressione. Io pensavo addirittura che ci avrebbe preparato le lasagne, piatto che si vantava sempre di aver imparato a cucinare in occasione di uno dei suoi viaggi in Italia.

Ma quel giorno Om Nader ha scelto di cucinare l’ultimo dei piatti che avrei immaginato.

Il Musakhan. Sì, proprio così.
Il piatto è composto da 3 ingredienti preparati separatamente: pollo lessato e poi passato al forno con abbondante summacco; padellata di cipolle, summacco e olio evo; pane Tabun, steso in una forma più grande della pizza e cotto a legna, morbido e saporito come solo le nonne sanno fare.

È un piatto impegnativo da preparare e ancora di più da mangiare. Si spalma il fondo di un vassoio rotondo di olio per iniziare ad appoggiare gli ingredienti in questo ordine: pane, cipolle, olio e summacco e poi ancora pane e così via. In cima si appoggiano i pezzi di pollo coperti di sommacco, olio e pinoli fritti.

Mangiare il Musakhan è un’immersione di mani e anima in una delle espressioni più generose delle nostre terre.

Si mangia e si gode con le mani, strappando pezzi di pane cotto a legna inzuppati di olio e insaporiti col summacco, arrotolandoli in modo che contengano il pollo appena disossato.
È un’esperienza che non ha simili… e una a dichiarazione di guerra contro il tuo stomaco, ti odierà per l’untuosità che gli stai propinando.

Mangiavo soddisfatto, ma ero preoccupato che i nostri nuovi amici urbanizzati non apprezzassero. Pensavo che sarebbe stato meglio un piatto più moderno, leggero, scenografico. Ma mi sbagliavo.
Nel giro di pochi minuti eravamo tutti coinvolti nell’abbuffata di Musakhan, cittadini e paesani, ci guardavamo felici di avere 40 mani gocciolanti di olio nel piatto, mentre aspettavamo che le mascelle fossero pronte per il prossimo boccone.

Finito il lauto pasto, soddisfatti, mentre sparecchiavamo la tavola disastrata dopo il nostro assalto, ho chiesto ad Om Nader il motivo di quella scelta.

Come aveva fatto a capire che il Musakhan sarebbe stato il piatto perfetto da offrire?

Lei, guardandomi, ha sorriso: «Il Musakhan rende palestinesi».

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